
Mi sono scervellata per un po' rinunciando alla fine: non ho una ricetta che mi lega all'infanzia. Ricette della tradizione italiana, grandi classici passano sulla tavola di questa allegra e caotica e numerosa famiglia di quattro figli, ma niente che mi leghi all'infanzia, a quei sapori e odori che ti riportano a quando eri bambino. Stamattina, nonostante il tempo pessimo, il mio umore era ottimo, un giorno da passare nel relax di casa. Colazione con caffè latte "Mamma, cosa facciamo per pranzo?" Risposta "Le braciole". Folgorazione. Lampo. Ma come ho fatto a non pensare alle braciole?
Questo è un piatto che io ho sempre e solo mangiato a casa mia, mai visto in nessun ristorante, mai da amici o a casa altrui, solo sulla mia tavola. Un piatto della tradizione sorrentina, che faceva la domenica la mia amatissima Nonna. Già, la nonna. Nonna è una parola che rievoca una vecchietta dolce e dai capelli argento che fa la calza sulla sedia a dondolo. Ecco, la mia era una nonna di un altro stampo. Dura, aspra, a tratti difficile, capricciosa, talvolta fredda. Ma una donna che io ho sempre ammirato tanto, di una forza e una testardaggine unica, coraggiosa e combattiva come un leone, una donna che sapeva essere in vecchiaia anche dolce verso i nipoti maschi, verso di me, unica femmina, a tratti tenerissima a tratti tedesca.
"Sì bella Fofò" "Sì grazie lo so" "Sì brutta Fofò" "No, questo poi no". Cantavamo questa filastrocca, non so bene cosa volesse dire, so solo che me l'aveva insegnata da bimba e la canticchiavamo allegre. La nonna, che con mia mamma sono state le due donne della mia vita in una casa di uomini, la nonna che quando eravamo piccoli ci portava una caramellina di quelle a cono, al pino, gommose, e ogni sera ce ne lasciava una a testa e quando andava via ci diceva "chiara, benedetto, vi ho lasciato la caramella sul tavolo dello studio". Era un rito, la caramella che mangiavamo tutte le sere alle otto, ma che era così piccola che di certo non ci rovinava l'appetito. La nonna, che la domenica a mezzogiorno dopo la Messa passava da casa a salutarci, e io ero ancora in pigiama e assonnata e pigra, lei era perfetta con gli occhiali da sole, il suo rossetto rosso, il basco messo di sbieco e la mantella color fuoco. La nonna che nelle foto da ragazza sembrava un'attrice di Hollywood per quanto era bella e sofisticata, anche se vestita di quel poco che la guerra permetteva e le aveva lasciato. La nonna, che quando mi sgridava le dicevo sempre per provocarla "Cosa vuoi tu, non sei mia madre" e lei rispondeva orgogliosa come non mai "Io sono tua nonna, sono mamma due volte!" girando la faccia dall'altra parte perchè offesa ai massimi livelli. La nonna, un mito.
Un mito che però non cucinava, non era amante dei fornelli, per nulla golosa. Ma aveva un piatto che faceva la domenica a pranzo: le braciole. Le facevano già sua mamma e sua suocera, tutte nate e vissute nella bellissima Penisola Sorrentina. Questo piatto sì, è il piatto dei ricordi, dell'infanzia ma anche della vita intera, perchè noi ci siamo legatissimi e lo facciamo spesso. La nonna faceva questi involtini nel sugo, e poi con il sugo ci condiva anche la pasta, mentre noi non lo facciamo più. Nonna, quanto vorrei che tu fossi anche solo un pochino orgogliosa di quello che faccio, perchè le mie scelte sono scelte di cuore e coraggio, come eri tu. Coraggiosa e con un cuore grande.

Ingredienti per 6 persone
- 6 fettine magrissime di vitello tagliato sottile o di carpaccio
- 6 fette di mortadella
- uvetta
- basilico
- passata di pomodoro
- pane grattato
- sale pepe
- olio extra vergine di oliva
La ricetta è facilissima: su ogni fettina di vitello mettere una fetta mortadella, sopra pane grattugiato tostato, uvetta ammollata nell'acqua e una foglia di basilico. Chiudere gli involtini, farli rosolare nell'olio extravergine di oliva, sfumare con del vino bianco e poi aggiungere la passata di pomodoro e basilico fresco. Cuocete a fuoco lento e coperto per una quarantina di minuti. Scarpetta obbligatoria!