mercoledì 28 settembre 2011

Alle parole non dette. Alle emozioni. E a Laura: marmellata di more.



Le parole che non ci siamo detti, ma che Meraviglia mi hanno portato. Le parole che non ho mai avuto il coraggio di dedicarti apertamente. Quelle di cui vado enormemente fiera, ma solo perchè non hanno un nome cucito addosso o un indirizzo verso il quale volare. Le parole che ho lanciato al vento, perchè tu potessi coglierle grazie al sesto senso (che solo le donne hanno funzionante al 100%, ricordi?). E anche queste, che so non leggerai. Le parole che a vicenda non ci siamo dedicati, come le ciliegie che non abbiamo mangiato dalla bocca l'uno dell'altra e il bicchiere di vino che non ti ho versato, mi hanno portato a Lei. E anche solo per questo ne è valsa la pena: gioire, aspettare, vivere, immaginare, sperare, costruire in sogno castelli fatti di petali di camomilla. E avere paura, e piangere e soffrire e sperare ancora. Ma tutto, tutto questo è ricompensato dall'aver trovato Laura
La bellezza dei sentimenti di un cuore di donna non è andata sprecata nel mare blu del web e un altro cuore era pronto ad ascoltare ogni vibrazione. Laura è ancora più bella, elegante, affascinante, forte, travolgente, ironica e luminosa di quanto sapessi e averla potuta abbracciare di persona è stato uno dei tanti doni che questo angolo di rete mi ha regalato in questi anni.



Insieme a te, amica mia, vorrei fare colazione domani mattina con questa marmellata di more selvatiche rubate in giornate settembrine assolate e lente. Il souvenir di ore che hanno ancora il sapore delle coccole. Quelle di cui tanto avrei bisogno stasera, insieme alle tue orecchie ad ascoltare le ultime sconvolgenti dichiarazioni (fresche fresche di giornata!!! gulp!)



La marmellata normalmente io la faccio con frutta matura e perfettamente sana, la lavo e la asciugo delicatamente. Poi peso la frutta, la taglio a pezzetti e metto un terzo del peso in zucchero e il succo di mezzo o un lime. Faccio bollire a fuoco basso fino a quando raddensa (per questa di more ci è voluta una buona oretta e le more metà ne avevo passate e metà lasciate intere). Intanto sterilizzo i vasi con le capsule in acqua bollente per 5 minuti, scolo su un canovaccio sterile (o comunque pulitissimo), asciugo l'interno dei vasi e invaso la marmellata ancora calda riempiendo fino ad un dito dalla chiusura. Poi ribalto sottosopra per una notte intera per formare il sottovuoto. Conservo le marmellata in luogo fresco e asciutto al riparo dalla luce diretta del sole (dentro una credenza). Perfetta anche per farci una golosissima 
crostata autunnale.




sabato 3 settembre 2011

Pavlova: l'ultima riga delle favole.



Mi chiedo davvero... esiste l'ultima riga delle favole? Forse è qui, ora. Questa credo sia l'ultima riga di questa favola, che è durata un mese e mezzo, fatto di corse e di affanni in un oceano di Pace. Alla rincorsa della mia Felicità. Già, esiste la felicità, e io la sto cercando con ogni mia forza, oltre le cattiverie altrui, oltre l'invidia (ma che brutta bestia!) e oltre i luoghi comuni. Qui, in questa terra di pini e abeti, le gambe piene di graffi e le unghie spezzate e il sangue che scorre dopo aver sistemato 500 kg di legna. Eh già, come amo fare questo lavoro. Sporca, piena di polvere e schegge, con le mani nere e il sudore caldo, pezzetti di resina e di corteccia di pino e faggio tra i capelli, e la mia grande catasta pronta. Come me, pronta. Ho fatto le scorte e le ho messe da parte, le ho ammucchiate bene ordinate, sono bellissime, e la loro immagine mi evoca nella mente il caldo della casa, la neve, l'inverno, il freddo che punge e le lunghe ore buie passate davanti al fuoco che scalda, non solo il corpo, soprattutto il cuore. Il lavoro manuale, quello che ti fa tornare alle origini, che ti fa sentire in pace con il mondo, che ha il sapore buono che solo le cose autentiche hanno, che ti fa sentire male in ogni dove per la fatica ma che riesce a rasserenarti la mente. E poi la corsa al bosco con mia madre, donna la cui dolcezza e tenacia hanno portato avanti una famiglia pesante. Io e lei, come due bambine, nel grande prato a rubare dai rovi le more settembrine, quelle cresciute selvatiche e spontanee nel verde degli abeti. Io e lei, sole, una rarità per la quale essere felici. Le more dolcissime maturate al sole del sottobosco, regalo per cui gioire. La legna pronta per il freddo pungente, la pace del mio cuore. La felicità è scritta qui, in questa ultima riga di questa favola, e ora sono pronta davvero per tornare a continuare a combattere per la Mia di Felicità.



Tutta questa Bellezza dentro non poteva che essere rappresentata da questa Bellezza per occhi&gola: la Pavlova. Io non sono un'amante delle meringhe, affatto, eppure mi ha saputa conquistare con la sua semplicità. Credevo fosse una sfida impossibile, mi sbagliavo: è una vittoria di grande eleganza e poesia.


INGREDIENTI PER 5 pavlove piccole

: 100 gr di albumi (circa 3 uova) ::
: 100 gr di zucchero semolato + 2 cucchiai ::
: 100 gr di zucchero a velo ::
:: un cucchiaino di succo di limone + il succo di mezzo limone ::
:: un cucchiaio di maizena ::
:: 150 ml di panna fresca ::
:: un cestino di fragole e mirtilli ::


Fate una classica meringa cominciando a montare gli albumi con le fruste elettriche, poi incorporate man mano gli zuccheri, il limone e la maizena. Continuate a montare fino a quando lo zucchero semolato sarà sciolto completamente e la meringa sarà lucida e setosa. Mettete il composto in una sac à poche con bocchetta liscia e fate degli anelli con la meringa. Cuocete in forno a 75- 100° lasciandolo lievemente aperto (io ci ho messo in mezzo una pattina piegata) per non far scurire la meringa. Va cotta per circa 75 minuti poi tenuta a asciugare in forno una notte. Il giorno dopo montate la panna e mettetela al centro, servite con fragole macerate con zucchero e limone un paio di ore in frigo.





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